IL "NEW DEAL"

 

 

Nel 1932 fu eletto Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt.

Roosevelt propose alla nazione un New Deal o “nuovo corso” che delineava l’idea di un maggiore interessamento dello Stato alle condizioni di vita del cittadino e un maggiore interventismo statale in campo economico e produttivo; egli cercava di sensibilizzare le masse così da realizzare uno sforzo collettivo per realizzare la ripresa economica; si pose come primo obiettivo quello del raggiungimento del benessere collettivo.

La mossa più innovativa tentata da Roosevelt fu quella di usare la spesa pubblica in funzione anticiclica; cercò cioè di aumentare la domanda di beni e l’occupazione attraverso la spesa pubblica e la realizzazione di imponenti opere pubbliche. Per finanziare il tutto introdusse la politica del deficit spending, che consiste nella spesa finanziata non con nuove imposte, ma facendo ricorso al debito pubblico (titoli di Stato).

Attuò una politica di distruzione delle eccedenze per diminuire l’offerta e far quindi risalire i prezzi delle merci, specialmente quelle agricole, che erano crollati. Nei suoi primi cento giorni di governo mise in atto una serie di leggi che miravano ad un maggior controllo dello stato, sia sull’economia, sia sul sistema creditizio privato. In più mise in atto la svalutazione del dollaro per incentivare le esportazioni. 

L’economia americana riuscì così a superare la crisi e, grazie anche alle innumerevoli opere pubbliche, uscirne notevolmente rafforzata. Questa esperienza non fu però inutile: negli U.S.A. fu creato un organo di controllo chiamato SEC (Security Exchange Comition), con la funzione di prevenire il formarsi di nuove crisi. Le idee sul libero mercato cambiarono notevolmente: venne abbandonata definitivamente la concezione del laissez-faire dello Stato nei confronti dell’economia a favore di un maggior interventismo statale in campo economico.